Ciao Attilio

La scomparsa del professor Attilio Renzulli, cardiochirurgo di grande valore e profonda umanità, è una grave perdita per i calabresi onesti. Questa mattina abbiamo appreso la notizia della morte prematura del docente dell'Università di Catanzaro, per anni primario della Cardiochirurgia del policlinico dell'ateneo.
Renzulli aveva avuto importanti esperienze professionali all'estero, aveva prodotto una ricerca ampia e vera ma il sistema non gli aveva riconosciuto l'ordinariato, preferendogli figure di livello e talento ben inferiori. Era venuto in Calabria per scommessa, affascinato dall'idea di concorrere a migliorare la sanità di questa nostra terra di confine, schiacciata da accordi e silenzi vergognosi. Poi il professore aveva introdotto i dispositivi di assistenza ventricolare, accantonati dopo la sua estromissione dalla guida della Cardiochirurgia universitaria.
Sempre ostacolato da apparati di potere, ha lottato per curare i pazienti e creare una struttura cardiochirurgica, pubblica, di sicuro riferimento, affossata da una classe dirigente indegna e ingrata. Ne ricordiamo il coraggio, il senso del bene comune, l'umiltà, la parola di verità e la denuncia civile, che gli era costata cara, soprattutto per aver esposto le criticità strutturali della Cardiochirurgia universitaria, ancora oggi sprovvista di terapia intensiva e di percorso dedicati ai pazienti del reparto, nell'immobilismo voluto del dipartimento regionale Tutela della salute. Renzulli è morto senza vedere giustizia per l'intera comunità calabrese.
La sua battaglia per la sicurezza della Cardiochirurgia universitaria è stata silenziata da un pezzo di stampa ipocrita e asservita e da una narrazione politica falsa e deviante, grazie alla quale il merito della questione non è mai stato affrontato. La storia e l'esempio del professore restano però vivi e perpetui. Tocca alla magistratura chiarire una volta per sempre, e al più presto, fatti e responsabilità rispetto a quell'allarme, inascoltato, di Renzulli.

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